L'ultima Milano Fashion Week sarà indimenticabile non tanto per le passerelle che, ad una prima impressione, non hanno fatto battere di meraviglia il cuore di nessuno, ma per i vorticosi cambi di direttore creativo di varie maison, e il nuovo cambio di rotta di nomi come Gucci o Moschino quello sì, era ciò che tutti aspettavano.
Da Moschino non c'è stata una decisione definitiva, a tal punto che ancora non è stato deciso chi sarà il delfino di Jeremy Scott e, per questo, in occasione dei quarant'anni del brand, la collezione è stata affidata a quattro storiche stylist, incaricate di rendere giustizia a ciascuna delle molte personalità e visioni del padre della maison, Franco, dando vita a una passerella a metà tra la nostalgia e l'avanguardia che è stata una delle più riuscite della settimana.
Per Gucci invece i pareri sono stati discordanti, c'è chi afferma che il nuovo direttore creativo Sabati de Sarno sia il re del minimalismo, in grado di denudare il nome Gucci per rivelarne un'anima eterea ed immortale e chi invece lo accusa di avere composto una collezione facile, semplice da vendere e appetibile per la clientela più vasta, cioè quella che acquista borsette e cinture e che, in molti casi, rappresenta la vera fonte di guadagno della maison. Addirittura, qualcuno ha affermato che i completi e i blazer visti in sfilata sarebbero stati più adatti ad uno store di Zara, che ad uno di Gucci.
Comunque, tra mille concept e le mille idee, colori, palette ed ispirazioni di una cosa possiamo stare certi, i designer non hanno abbandonato il tailleur, o pant suit, a volte volte power, a volte romantico, ma sempre molto glamour.
Tod's by Walter Chiapponi

Roberto Cavalli

Moschino


Gucci



