di Caterina Corbetta
L'ultima fashion week ha visto il debutto alla direzione della maison Moschino di Adrian Appiolaza, pronto a dare la sua pennellata alla storica maison con una collezione già molto applaudita. Ma chi è all'origine del brand più satirico della moda italiana?
Franco Moschino amava definirsi come “un ristoratore che cerca
di fare bene piatti inventati da chissà quale cuoco”. Ideale erede
di Schiaparelli, tende a boicottare i luoghi comuni della moda
creando veri spettacoli teatrali, recite ispirate a de Chirico o a
Magritte, da cui prende spunto anche nei titoli, come nel caso di
Ceci n'est pas un cravatte, con raffigurata una cravatta volante.
Moschino è maestro di slogan e doppisensi, come nel caso di
“fashion, fashioff”, “fashion is full of chic”. Il risultato
è comico e dissacrante, oltre che nettamente distaccato dal
minimalismo. Aspirante pittore, nella sua prima collezione del 1984 i
tailleur esibiscono tagli perfetti, dimostrando abilità anche nel
sapersi confrontare con elementi classici di un guardaroba. Egli
prende inoltre in giro “gli intoccabili”, come Louis Vuitton e
Chanel, nel primo caso, nel 1986, propone uno scialle dove il logo LV
è sostituito dalla M, il pendaglio della collana è un cavatappi e
il cappello una corona regale. Nel secondo caso, nel 1988, Chanel n.
5 diventa Channel n.5, e sui tailleur al posto dei bottoni sono poste
girandole, fiori di plastica o campanacci, come in una moderna
fusione con il mondo della sua eterna rivale, Elsa Schiaparelli. “se non potete
essere eleganti siate almeno stravaganti”, dice, così ecco che
1988 vedono la luce una gonna ricavata da cravatte, un completo
ispirato a Napoleone, con modelle caricate su bighe o baldacchini.
Anche i nomi di abiti e collezione sono in puro stile Moschino, la
Mona Lisa diventa “a very famous italian lady”, una modella che
indossa una giacca con stampa quotidiano su sfondo rosa diventa “la
ragazzetta dello sport”, in puro stile Schiaparelli.