di Caterina Corbetta Dopo che Donatella Versace ha lasciato la direzione creativa di Versace il mondo della moda ha trattenuto il fiato come davanti a un colpo di scena in un telefilm di quegli anni ’90 che sono sempre stati la ispirazione primaria del mondo Versace. Dopo quasi trent’anni di pelle dorata, capelli platino e glamour urlato, Donatella è passata al ruolo di Chief Brand Ambassador, lasciando il timone creativo a Dario Vitale, trentotto anni, napoletano, ex Miu Miu. Infatti, il suo debutto non è stato un ingresso trionfale alla vecchia maniera, ma un colpo di teatro silenzioso: niente megashow, niente stadi, niente effetti speciali. Solo una sfilata segreta alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano, tra statue rinascimentali e tele di santi, con in mezzo un letto disfatto, bicchieri vuoti e pillole sparse sul pavimento. Non una festa finita male, ma una dichiarazione d’intenti: il disordine come nuova forma di bellezza. Vitale, con il suo invito che recitava “wear something reckless”, ha messo subito in chiaro che il nuovo Versace non ha paura di spettinarsi un po’. E la collezione lo ha confermato, con echi del passato che resistono, ma ricalibrati per una nuova sensibilità. Gli anni Ottanta tornano, ma meno rigidi, più morbidi, con giacche destrutturate, pantaloni fluidi e colori saturi che sembrano vissuti. La sensualità rimane, ma si fa più intima, più consapevole, con gonne aperte, biancheria a vista, scollature che non gridano. È un Versace che non vuole più essere una maschera dorata, ma un volto reale, con le sue imperfezioni e la sua umanità. Vitale, non ha cercato di imitare il passato. Ha preso il DNA Versace e lo ha trasformato in un linguaggio più fragile, più reale. C’è chi grida al tradimento e chi parla di rinascita, ma una cosa è certa: Versace aveva bisogno di una scossa, e questa lo è stata. Vitale ha capito che la moda non è solo abito, è conversazione, e con questo debutto ha iniziato a parlare una lingua nuova. Forse non è ancora perfetta, ma è piena di vita. Versace non ha perso la sua voce: l’ha solo modulata su una tonalità diversa, meno urlata, più autentica, ma sempre irresistibilmente teatrale. In fondo, la vera eredità di Donatella non è la borsa con la Medusa, è l’idea che si può essere glamour anche quando tutto intorno sembra andare a pezzi. E se Vitale porterà avanti questa verità con il suo tocco ironico e caotico, allora sì, il futuro di Versace sarà ancora dorato, ma di una luce più umana, più contemporanea e, forse, un po’ più divertente.

di Caterina Corbetta

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